Nel rispetto del sacro che diventa scenico

Spaccaforno-funerale

… In chiesa c’è silenzio intorno ad un rosario centellinato dai banchi prossimi al sarcofago. Su un ripiano ai piedi dell’altare, all’altezza dello sguardo, affinché da ogni dove possa intravedersi, c’è la cassa e sopra il cuscino di rose deposto, nell’impossibilità del padre, dal figlio maggiore. Contornata dalle ghirlande, offerte dalle figlie e dai parenti più prossimi, è un dominio di rossi e gialli garofani, e bianchi gigli, sul fondo verde delle foglie di mimosa. Le ghirlande tutto intorno alla cassa la cingono in un abbraccio totale come gli ultimi scudi di una testuggine imperiale, è profumo di fiori che resiste all’incenso. Un gradino di colori è nei mazzetti di gladioli, garofani, gigli, più in basso, a riempimento dei quattro canti segnati dai ceri accesi.

E’ compostezza secolarizzata, nel rispetto del sacro che diventa scenico, è festa e delle feste la più sacrosanta, quella di ogni defunto che per il rito del proprio trapasso ha disposto ogni cosa, affinché egli sia solennizzato dai vivi, ed intarsiata nella loro memoria rimanga l’ultima opera: il componimento dell’autore ed interprete. Che la festa abbia inizio, anche il portone della chiesa si è ammantato. Insieme all’ultimo profano rintocco di campana a lutto, scodinzola la campanella della sacrestia che intima d’alzarsi ad ognuno – fa la sua comparsa il prete, ed il sacro si espande: nel suono dell’organo, nelle voci del coro, nell’accendersi delle candele sull’altare, nella luce ovattata che merletta la chiesa. E poi, è ossequioso silenzio nel segno della croce. Fedele ascolto e mistico sentire fino al congedo. …

Particolare tratto dal racconto Terzo Rinascimento © di Saro Fronte

Foto: interno chiesa Santa Maria Maggiore – Spaccaforno